Michel Houellebecq - Le particelle elementari - Bompiani, Milano, 2000.
Rispetto a certe evanescenze narrative (penso al nostro Baricco o al francese Echenoz) questo è un libro esagerato ed audace che giunge dritto dalla grande tradizione letteraria francese che solo sbrigativamente chiamiamo realismo: è un figlio di Céline, di Sade, di Rabelais, dello Zola più naturalista e "biologista". Ed è un libro "enorme", come non se ne scriveva da decenni. Se negli ultimi lustri, infatti, la scena letteraria è stata occupata dal "minimalismo" - corrente imposta dall'Homintern (l'Internazionale gay, Arbasino dixit) che tanto potere ha nelle scelte delle case editrici, adesso in fase di ulteriore riflusso verso quadretti piccolo-borghesi - qui siamo di fronte ad uno scrittore vero, ossia uno scrittore "massimalista", uno che si confronta à la diable con gli assoluti: Dio, il Mondo, la Storia, la Civiltà Occidentale, la Donna, la Sessualità...
Michel Djerzinski e Bruno Clément sono i due fratellastri protagonisti del romanzo. Abbandonati da una madre borghese ricca e dissoluta e da padri altrettanto ricchi quanto inconsistenti, vengono allevati l'uno da una nonna tenace e dolcissima, l'altro in un collegio della banlieue parigina dove subisce le angherie più ignominiose. Michel viene sù freddo, razionalista e ricercatore di biologia molecolare, Bruno un patetico e goffo erotomane, insegnante di lettere, e con un piede sempre pronto a varcare la clinica psichiatrica. Le loro vicende sentimentali e sessuali vengono seguite da presso dall'occhio impietoso dell'autore che da una parte non esita ad entrare nel rovente frasario delle scene porno più outrées - con qualche omaggio di troppo ai prodotti di stagione pulp e splatter - e dall'altro provvede a raffreddare il tutto col ricorso frequente al linguaggio scientifico. Che, invece di gelare le descrizioni del magma delle passioni, aggiunge stilisticamente un di più di sinistra e tragica consapevolezza: "noi siamo fatti così" ci dice a ogni piè sospinto Houellebecq ( anche il titolo è un'allusione scientifica), e il libro, iperletterato tuttavia, ossia esteticamente "coperto", s'instrada sulla scia di Darwin, Comte, Freud, di coloro che hanno detto sull'animo umano non qualcosa di più, rispetto, ad esempio, ai moralistes classici francesi, ma di diverso, di ghiandolarmente fondato.
Il romanzo è per innanzi uno spietato atto di accusa contro i genitori degeneri - forse quelli dell'autore che non a caso porta il cognome della propria nonna. Ma esibisce un nucleo "ideologico" molto forte che va al di là dei casi individuali, e cioè una polemica rancorosa contro la rivoluzione sessuale e di converso, seppur sottotraccia, contro quella sinistra "antropologica" che l'ha sostenuta dagli anni '60 in avanti. A partire dalla legalizzazione della contraccezione e dalla libera vendita della pillola, dice la voce narrante «ampie fasce di popolazione ebbero accesso alla liberazione sessuale, sin lì riservata alla élite economica e agli artisti. Fa un certo effetto osservare come spesso tale liberazione sessuale venisse presentata sotto forma di ideale collettivo mentre in realtà si trattava di un nuovo stadio dell'ascesa storica dell'individualismo. Coppia e famiglia rappresentavano l'ultima isola di comunismo primitivo in seno alla società liberale. La liberazione sessuale ebbe come effetto la distruzione di queste comunità intermedie, le ultime a separare l'individuo dal mercato. Un processo di distruzione che continua oggigiorno».
Sarebbe sciocco polemizzare con le idee che l'autore esplicita in forma gnomica ed apodittica, certo è che esse sono artisticamente e sapientemente "dimostrate" sia nella vicenda narrata e nei suoi necessari sviluppi - che non anticipiamo ai lettori, spero numerosi, di questo capolavoro- sia negli struggenti personaggi, quelli femminili soprattutto, la nonna di Michel, l'indimenticabile e tragica Annabelle, la dissoluta Christiane, in tutte le esistenze frantumate, e sono tante, che questo romanzo spietatamente espone.
Un romanzo crudo e vero, senza ipocrite ellissi, squilibrato e potente. Un libro esplicito, "politicamente scorretto" (se deve dire, solo per fare un esempio, che il Brasile, con le sue miserie economiche ed erotiche, è un paese del cazzo - scusate vengo appena fuori dalla pornolalia del romanzo - lo dice senza tante perifrasi). È un libro che colpisce nel bersaglio grosso delle miserie della nostra allegra civiltà erotico-pubblicitaria e poi lavora di fino nella zona grigia dei nostri rimorsi e della nostra insopprimibile aspirazione ad una vita più autentica ed armoniosa
Si esce dalla sua lettura profondamente inquieti e toccati, scossi nelle nostre certezze erotico-sentimentali, cambiati, certi di una grande acquisizione spirituale.
Riportiamo qui di seguito alcuni estratti da interviste rilasciate da Houellebecq a periodici vari in Francia.
« Nous sommes tous à peu près identiques. L'individualisme est une catastrophe qui nous entraîne vers le malheur et le meurtre. Les gens veulent absolument être différents les uns des autres. Renoncer à être exceptionnels nous aiderait à aller mieux. »
« Le comportement humain me paraît se caractériser par de longues périodes de déterminisme avec, parfois, des moments de liberté.
« Rendre compte, c'est le devoir de l'art. »
« Je place la compassion au-dessus de toutes les qualités humaines. La compassion : faire plaisir si on le peut, ne jamais faire souffrir. J'ai particulièrement horreur de la méchanceté. A vingt ans, j'ai donné un coup de pied à un pigeon, c'est ce que j'ai fait de plus méchant dans ma vie et je m'en veux encore. »
« Je m'intéresse moins au langage qu'au monde. Je suis fasciné par les phénomènes inédits du monde dans lequel nous vivons et je ne comprends pas comment les autres poètes arrivent à s'y soustraire.
J'ai l'intuition que l'univers est basé sur la séparation, la souffrance et le mal. La séparation est le mal. La décision de décrire cet état de choses et peut-être de le dépasser...La question des moyens littéraires ou non est seconde.. J'ai la volonté de creuser ces notions, de délimiter leur empire, y compris à l'intérieur de moi. »
« Je ne suis pas réactionnaire. Pour l'être, il faudrait croire qu'on peut revenir en arrière. Or, tout est irréversible. »
« Sur le plan littéraire, je ressens vivement la nécessité de deux approches complémentaires ; le pathétique et le clinique. D'un côté la dissection, l'analyse à froid, l'humour ; de l'autre la participation émotive et lyrique, d'un lyrisme immédiat. »
« La littérature n'est pas censée être optimiste, délivrer des messages d'espoir, faire en sorte que les gens aiment la vie ; dans ce sens, elle est très différente de la propagande. »
« Je n'ai pas l'impression d'écrire des romans à messages, mais l'enseignement en l'occurrence, me paraît redoutablement clair. Le désir est vain, douloureux et meurtrier ; la sagesse et l'humour sont vains, impraticables et finalement douloureux. »
« Je considère la naïveté comme indispensable ; elle s'oppose au cynisme bien plus qu'à l'intelligence. Le cynisme est, j'en ai depuis longtemps la conviction, une forme particulière de bêtise. »
Intervista a Michel Houellebecq di Claudio Altarocca, "La Stampa", 6 nov. 2001
La cosa più sorprendente è la differenza tra quel che scrive, pagine furenti e fredde contro tutto e tutti, contro l'Occidente, il capitalismo, l'amore corrente, insomma la vita, la nostra vita, e lui com'è, un uomo mite che parla sottovoce e a fatica. Michel Houellebecq, 43 anni, francese, ha scritto romanzi importanti che si vendono a centinaia di migliaia di copie, Estensione del dominio della lotta, Le particelle elementari e ora Piattaforma, tutti apparsi da Bompiani: romanzi come pugni allo stomaco, sgradevoli a molti.
Piattaforma è stato accusato di apologia del turismo sessuale e di attacco scriteriato all'Islam. E la storia di un quarantenne «solo come un rospo» che sperimenta piaceri sessuali in Thailanda, s'innamora di una manager dell'industria turistica, ha l'idea di villaggi-vacanze aperti al sesso, ma poi il progetto salta, un attentato islamico gli uccide la ragazza e lui finisce con il rinunciare a tutto, si ritira laggiù, in un villaggio thailandese. Non prova più piacere, non ha più voglia di capire, di conoscere il mondo.
Lei scrive che «finché ci sarà l'Islam, sul mondo non potrà mai regnare la concordia», e che peraltro l' Islam è spacciato, il capitalismo lo schiaccerà». Lo pensa ancora oggi, dopo gli attentati dell'11 settembre?
«Non ne sono così sicuro. Questo terrorismo è un fatto nuovo. I terroristi sono persone istruite, apparentemente ben integrate da noi. E' questo che mi preoccupa».
Approva la guerra in corso? [La guerra in Afganistan. Ndr]
«Io non l'avrei fatta, ma non mi ascoltano mai. Scherzo. Si sarebbe potuto assassinare Bin Laden corrompendo qualche suo seguace. Con la guerra sirischia di creare dei martiri.
Trova che il suo romanzo «Piattaforma» è stato frainteso?
«Hanno detto che io ce l'ho con gli arabi perché musulmani. Non è vero. Non ho nulla contro gli arabi, mentre non mi vanno i Paesi musulmani perché proibiscono molte delle cose che amo, come il far l'amore con le ragazze e come l'alcol. Io rifiuto i monoteismi, soprattutto l'Islam. Salvo un po' il cattolicesimo per il suo politeismo, cioè per il dogma della Trinità, il culto della Vergine e dei santi, il riconoscimento del ruolo delle potenze infernali e la mirabile invenzione degli angeli».
Lei esalta il turismo sessuale?
«Non lo condanno. Sono per legalizzare la prostituzione, come fanno in Olanda. Non mi piacciono le ipocrisie, le belle parole del politicalllycorrect, che vede ovunque schiavismo sessuale. In Tahilanndia la situazione non è così brutta. Vorrei quasi avanzare un elogio delle prostitute thailandesi: sono gentili, carine, e sono buddiste, meno colleriche delle donne occimentali. Quasi un'avanguardia»
Nei suoi romanzi ci sono aspetti meno vistosi. Molti critici hanno speso per lei i nomi di Céline e di Camus.
«Con Céline non ho nulla in comune. Con Lo straniero di Camus sì».
Il filosofo Girard parla di «risentimento», a proposito de Lo straniero. Lei ha del risentimento contro il mondo?
«Sì. E mi piace sviluppano fino al punto di scrivere».
Per lei scrivere è una vendetta?
«Lo è. Scrivere mi permette di liberare quel che c'è di meglio in me. E più gli scrittori scrivono cose vendicative, più sono inoffensivi nella vita: nelle mie pagine c'è un furore che non ho, come persona».
I suoi protagonisti sono dei depressi. Lei stesso è stato curato per una forma di depressione. La depressione è per lei un punto di vista, una specie di poetica?
«Vero. Ho conservato il punto di vista del depresso, ma non ero triste.Ero inattivo. E se un giorno mi suiciderò, sarà non perché sarò triste ma perché di fronte a me avrò cose troppo complesse».
Infine, un gioco: lei si ritiene di destra o di sinistra?
«Forse di destra. Ma sono così stanco di queste storie. Il problema è che non si legge più Auguste Comte, il massimo teorico francese del positivismo, mio maestro. Comte è di destra? Sì. E' di sinistra? Sì. E allora?».
Prima nota: il sesso.
Houellebecq pornomane inveterato? Può darsi. Tuttavia i maneggi descritti
fanno parte dell'arsenale, se non concreto quanto meno fantastico, di
qualunque adolescente. Ma questo non ha importanza. Ciò che importa è la
trattazione, per alcuni meccanica, per molti pletorica. Io l'ho trovata
invece perfettamente funzionale e non priva di lirismo, forse non quello
estetizzante dell'immagine fiorita, ma quello, per così dire, macroeconomico
della rappresentazione complessiva. In tal senso, una certa ripetitività,
sia nei modi che nei tempi, è fattore di coerenza semantica.
La compulsività erotica di un Clément, in effetti, non è che l'estremo
tentativo, consapevole o meno, di recuperare un rapporto col mondo; informa
quindi la sua intera esistenza, che vi rifluisce di continuo come in un
conio. Allo stesso tempo, il suo carattere narcotico e regressivo si
incarica di occultarne la sostanziale inanità. La comunione che postula è
infatti un simulacro edificato su una liturgia di pratiche ricorsive e a
tratti sonnamboliche, e destinato a incrinarsi non appena queste ultime non
potranno più essere consumate (vd. la sopraggiunta paraplegìa di
Christiane). Sono creature zolianamente spacciate, a cui è preclusa ogni
prospettiva di rinascita: mineralizzazione, necrosi, sterilità, atrofia
sentimentale... Ma dentro c'è anche la febbrile apprensione del naufrago che
cerca nonostante tutto di salvarsi. Insomma: il commercio sessuale avviene
qui, parafrasando Chandler, per ragioni vere e solide e non semplicemente
per provvedere qualche scopata ai lettori. Possiede anzi, giustamente, la
dimensione totalizzante di uno scongiuro e una tensione quasi clinica verso
una qualche forma di certezza ghiandolare che lo sottragga all'obsolescenza.
Alle precise responsabilità storiche denunciate da Houellebecq (liberazione
dei costumi etc.) si accompagna inoltre una sensazione di caduta, come
l'adempiersi di un destino antropologico, in cui ciascuno sdrucciola suo
malgrado verso il precipizio come i porci indemoniati di Gerasa, tanto che
il laconismo riprovatorio della nonna, le sue parole sempre meno
intelligibili e infine il silenzio della morte sembrano configurare una
sorta di ineluttabile tramonto degli oracoli che lascia tuttavia intatte
quelle responsabilità.
Sta anche in queste risonanze il valore del libro. Del resto, uno scrittore
vero non si limita mai a svolgere narrativamente un tema intellettuale.
Seconda nota: il finale.
Non si tratta ovviamente di fantascienza, ma di un amaro paradosso: l'uomo
'nuovo', infatti, non è più un uomo. Nessun trionfalismo darwiniano, nessuna
eugenetica, ma anzi la resa biologica di una specie che si risolve da sé
alla propria liquidazione come un esperimento fallito. L'individuazione
stessa (che è come dire l'ominazione tout court) diviene il peccato
originale che l'uomo si porta dietro e che lo vota a una solitudine per la
cui mondificazione ogni lavacro relazionale si rivela inefficace e tardivo;
un peccato che non può essere estirpato se non a prezzo del peccatore, col
ricorso a un'eutanasia su scala planetaria. Proprio alle scienze biologiche,
istigatrici dell'ipocrita antropologia materialista contemporanea, viene
affidato il compimento naturale di quest'ultima, cioè la schietta
de-antropizzazione dell'uomo.
E' un finale a suo modo tragico, che non rinuncia però a qualche sfumatura
ironica. Per esempio, in cotale newageizzante società di 'dèi' l'arte, di
cui pure si attesta la sopravvivenza riformata, non avrà in realtà alcun
Michel Djerzinski e Bruno Clément sono fratellastri e sembrano essere accomunati unicamente dall'abbandono della madre. Michel è uno scienziato dedito alla biologia molecolare e vicino al Nobel. Un uomo che ha dedicato la sua esistenza agli studi scientifici che lo hanno portato all'isolamento e all'impermeabilità a qualunque emozione. Il suo sogno è riuscire a clonare gli esseri umani così da poter garantire a essi una vita perfetta. Bruno è un insegnante, attirato dal sesso in modo morboso, costretto dalla malattia a entrare e uscire dalle cliniche psichiatriche. Sia la morbosità patologica di Bruno sia l'asettica razionalità di Michel sono il risultato dell'ambiente che li circonda. Due vite parallele destinate a incontrarsi.